Sabato 8 dicembre 2018. ad Orano in Algeria verranno proclamati 19 nuovi beati, tutti martiri fra il 1994 e 1996. Di essi forse i più conosciuti sono i sette monaci trappisti di Tibhirine (ricordati anche nel bel film Uomini di Dio, premio speciale del festival di Cannes 2010). In ordine cronologico però ad aprire il gruppo di questi martiri è stato un Fratello Marista francese, Henri Verges che va conosciuto per il suo stile accogliente, di servizio e di profonda vita interiore. Ecco qualche notizia su di lui. Attiro l’attenzione specialmente sulle sue parole che ci rivelano un educatore e un trasmettitore del Vangelo nello spirito di san Marcellino. In fondo trovate anche un breve video in francese.
Non gli hanno rubato la vita, lui l’aveva già donata
È nato nel 1930 a Capcir, sui Pirenei, a pochi chilometri da Andorra, il giovane Henri Verges comincia gli studi presso i Fratelli Maristi all’età di 12 anni. Consacra la sua vita all’insegnamento prima in Francia e poi in Algeria a partire dal 1969. Diventa in seguito direttore di una scuola e responsabile di una biblioteca – centro di accoglienza aperta a tutti i giovani della Casbah. È lì che viene assassinato per mano di terroristi islamici l’8 maggio 1994 davanti al suo ufficio, cade sotto i colpi portandosi la mano al petto, gesto che gli era consueto per salutare gli amici, con quel gesto di accoglienza cordiale saluta il suo assassino. Aveva 64 anni. È uccisa insieme a lui sr. Paul-Helene Saint Raymond, 67 anni. Hamid, un giovane musulmano che frequentava la sua biblioteca, dirà di Henri: “Non gli hanno rubato la vita. Lui l’aveva già donata”.
“Il quinto Vangelo, quello che tutto il mondo può leggere, è quello che scriviamo con la nostra vita” Questa annotazione, lasciata da fratel Henri Vergès, è stata suggellata dal dono della propria vita. “La sua morte” scrive il fratello che era con lui nella Casbah, fratel Michel Voute “è come il sigillo che segna la fine di una vita piena e completamente donata” Questo simbolo tanto azzeccato del quinto vangelo può essere sicuramente applicato a tutti i martiri, in modo speciale a quelli della Chiesa d’Algeria della fine del XX secolo.
- L’educatore
Fratel Henri Vergès è stato inizialmente un educatore al servizio dei giovani, in seno alla comunità dei fratelli maristi che hanno questo carisma. Il figlio di Marcellino Champagnat non distingueva tale vocazione da quella di apostolo, perciò volle partire in missione. Pensava all’America Latina o al Madagascar, e fu l’Algeria, proprio l’anno in cui, avendo chiesto invano per una buona decina di anni di essere mandato in missione, aveva deciso di non manifestare più tale desiderio.
Fratel Henri Vergès prendeva molto sul serio la sua missione di educatore e studiava continuamente per perfezionarsi. Uno solo dei suoi quaderni contiene 413 annotazioni di letture o riflessioni. Un numero quasi uguale è dedicato all’educazione e alla preghiera. Questo testo risale al 1988 e riassume la sua visione dell’educazione cristiana:
Pazienza, perseveranza calma ed umiltà. Come il seminatore che affida il suo chicco alla terra e lascia il tempo a Dio di compiere la sua opera. Atteggiamento fondamentale per un educatore: tanto più che non conosco il ritmo dello sviluppo di ognuno di questi giovani. Dio mi ha semplicemente mandato a seminare i chicchi nel campo scelto da lui. Devo dunque seminare in pace e lasciare che sia lui che si occupi della crescita. Senza stupirmi della presenza della croce, come nella vita di Gesù.
2. L’apostolo
È nella preghiera che fratel Henri cerca le strade del Signore perché i Vangelo arrivi al cuore dei giovani musulmani che gli sono stati affidati. Egli descrive così la sua visione dell’apostolato:
La mia situazione attuale in mezzo a migliaia di musulmani ha reso più radicata in me una visione particolare dell’apostolato che mi sembra fondamentale.
In primo luogo testimonianza di una vita che appartiene tutta al Signore Gesù, essere testimone di un impulso di rinnovamento che dall’interno può trasformare completamente la vita di un uomo. Come Maria quando fa visita ad Elisabetta: è la cugina che riconosce in lei Gesù.
Rispetto profondo della personalità di ognuno, del proprio cammino verso Dio. Aiutarlo soprattutto ad essere disponibile, coerente con la propria fede, il proprio ideale. Stimolare la riflessione.
Rendere conto in modo trasparente della propria fede, della propria speranza quando ciò è atteso, desiderato, richiesto. Ed è proprio in questo aspetto che le circostanze sono diverse.
Sono sempre più contento di dedicarmi con amore a queste persone che il Signore mi concede di servire – le porterò per sempre nel mio cuore- ma sono pronto a lasciarle per dedicarmi ad altre ancora. Desidero non considerare nessuno di loro come un numero, ma come un figlio di Dio, un fratello che amo insieme a Dio, cercando di conoscerne il nome, sempre con le mie debolezze.
3. Lo stile del trasmettere
È nella preghiera che egli scopre a poco a poco il senso della sua presenza in terra musulmana. Scopriamolo con lui:
Perché qui?
- Perché Dio mi ci ha mandato.
- Perché Dio ha un disegno misterioso sul popolo dell’Islam, un tempio della sua presenza in cui mi invita a entrare, un’apertura reciproca da favorire, un dialogo da credenti da promuovere e da sviluppare. Le nostre strade in Dio possono soltanto convergere.
- Perché Dio manda la sua chiesa a tutti i popoli dell’universo: semplice presenza che purifica e si purifica. Che si lascia interpellare dalla Parola e che interpella per mezzo della Parola, che si libera e che libera, che cammina insieme, che lascia a Dio la scelta dei momenti in cui rivelare più esplicitamente il vangelo del suo Figlio che cammina insieme ad ogni uomo in questo mondo.
- Per permettere a Gesù-Eucarestia di essere presente in questo punto del globo.
- Devo a me stesso di essere adorazione, presenza accanto a Lui in nome di questo popolo, punto di convergenza di tutto ciò che accade intorno a me, qui e adesso.
- Perché la mia vocazione marista è particolarmente adatta a questa presenza nascosta, umile, che serve da ancora nei fondali su cui l’avvenire va a posarsi in questo paese giovane – noi che siamo per i giovani- con Maria, anch’essa presente nel cuore dell’Islam.
4. Il segreto della preghiera
Il giorno venerdì santo del 1961 che cadeva il 31 marzo, il fratello Henri Vergès all’epoca assistente maestro dei novizi a Notre Dame de La Cabane, annota su un foglietto queste righe ritrovate dopo la sua morte. Contengono il segreto della sua preghiera:
Giornata indimenticabile in cui la mano di un santo
si è posata sul mio capo…
Lasciarmi riempire da Gesù, amarlo.
Fiducia totale.
Amare, essere buono, dolce e umile per tutti.
Con la mia Madre tanto buona, la Vergine Maria.
Avanti: “Siete sulla buona strada!”
O Gesù. Ho sentito la tua dolce presenza accanto a me.
Grazie!
Mantienimi fedele!
Il Cuore di Gesù “aperto da una lancia”:
- è un libro aperto
- è un tesoro
- è una casa
Gesù nell’Eucarestia
I tre bisogni dell’amore:
- presenza: essere insieme all’amato
- devozione: donarsi all’amato
- unione
Tutto ciò è realizzato in quel prodigio di amore che è l’eucarestia!
Gesù ti amo
Gesù ti amo, il segreto di ogni preghiera
BEATO FRATELLO HENRI VERGES, PREGA PER NOI E LA NOSTRA SCUOLA